Un tocco al cuore chiamato Giordania

Un viaggio, un percorso notturno, volti che fino a qualche ora prima non conoscevo.

Storie, parole scambiate in quella porzione di tempo in cui ogni cosa prende una forma diversa, quando il giorno a cospetto della notte, preferisce dileguarsi come si sentisse inadeguato a quello che sta per accadere.

Ad innescare un’emozione a volte è proprio il buio della notte. Un sentiero da seguire. Le candele a segnare una strada. Una gola profonda. Un luogo perduto per secoli.

Ho iniziato quella notte, su quei passi, a sentire a piena forza quello che stavo per ricevere da una terra fino all'ora sconosciuta.

Come si comincia a sentire l’odore della pioggia lontana, ancora prima che una sola goccia bagni la tua guancia. Il fiatone, la gente, il lastricato, le stelle nascoste dalle alte pareti rocciose, il desiderio della scoperta. Alla fine della strada “lei” con il suo Tesoro, la città perduta e ritrovata, una magia chiamata Petra.

Basterebbe sola la vista di tanta inspiegabile bellezza a riempire il bagaglio di questo viaggio.

Eppure scoprendo dal vivo la Giordania, non amerete la città dei Nabatei con i suoi templi scavati nella roccia. Non amerete le colonne di Jerash, l’aria del Monte Nebo, la terra bruciata del Mar Morto.

Non amerete gli spazi del deserto, i colori delle montagne, l’immensità del Monastero.

Quello è scontato, lo farete già prima di metterci piede su questa terra.

Viverla nei suoi dettagli sarà la vera scoperta.

Io l’ho vissuta attraverso le scarpe logore di Awni, la nostra guida, “giordano dall’età di tre anni”, profugo della martoriata terra di Palestina, con la quale resta legato da una sorta di cordone ombelicale che è impossibile da recidere.

Ci ha parlato della Giordania come ne conoscesse ogni singolo granello di sabbia, <<non conosco tutte le pietre di Petra, sono loro che riconoscono me>>.

Ci ha guidato per chilometri sul greto di torrenti asciutti, sul ciglio di dirupi enormi, sulla cresta delle dune, con la pioggia battente in faccia, con la sabbia del deserto dentro gli occhi.

Io ho amato la Giordania nella fiamma sotto il thè, nella limonata alla menta, nelle braccia di un bambino protese verso il fuoco, negli occhi tristi di un mulo, nelle manone enormi di Sami, autista del nostro vecchio pulmino, che ci ha condotto lungo le strade polverose.

Ho scoperto questo paese nel disegno limpido delle stelle, nel freddo pungente di una notte nel deserto del Wadi Rum, in cui ho dormito con addosso tutti i vestiti ancora puliti che avevo nello zaino.

Mentre l’alba diventava sempre meno una semplice promessa oltre le montagne, l’oscurità del cielo si arrendeva alla luce che ci ha regalato una tazza di caffè a scaldarci le mani, il sole in faccia e dei colori disegnati da un’entità non terrena.

 

Un paese per troppo tempo dimenticato dal mondo, prima che il vento afferrasse questa terra per un angolo e le scrollasse di dosso la polvere mostrandone la magia.

<<Una volta i beduini cercavano nel deserto il tesoro del faraone>> - ci dice Awni mentre nel Siq i calessi carichi di visitatori ci corrono accanto – <<ora hanno capito che il tesoro arriva fin da loro suoi propri piedi>>.

La Giordania è oggi un paese sicuro, anche grazie a dei sottili accordi politici che la rendono una terra neutra nella caldera del Medio Oriente.

La gente ha paura del mondo che c’è fuori perché non lo conosce, o lo conosce solo attraverso fatti di cronaca nera. Ne ha così una visione distorta, carica di paura, che non rappresenta però la realtà di queste nazioni. Volti, non bandiere.

Il viaggio è una di quelle cose che ti permette di migliorare come persona, come essere umano. Crescere, confrontarsi, condividere. Viaggio, scrivo e scatto foto, per far vedere che ci sono luoghi e persone di una bellezza straordinaria. Per far capire a chi legge e guarda, che non esistono pregiudizi.

Il viaggio insegna la tolleranza. Ed è per questo che non ne posso fare a meno.

L’unico pericolo della Giordania, come ha scritto una mia compagna di questo viaggio, “è la troppa meraviglia”.

Le labbra bruciate dal sole, i graffiti dei beduini, le mani screpolate dal vento, la danza dopo cena.

La gente che stacca dal lavoro e si prostra in preghiera. Le macchine di Amman. La traccia sulla sabbia. La mezzaluna sul minareto. Il ricamo della roccia. L’odore dell’ambra. Il bianco e il rosso della keffya. Il gusto dello zatar. Il canto del mattino.

 

Io l’ho vissuta, grazie anime nobili che l’avete vissuta con me. Yalla yalla.