Popolo strano il giapponese

Luci a led, voci, schermi, rumori, gente, distributori automatici. Il flusso della folla in movimento mi trascina sotto la pancia di Tokio.

Sono le mie prime ore spaesate e confuse in terra giapponese. Passo la carta prepagata sullo schermo al varco della metropolitana, lampeggia di rosso, il cancello si apre, lo attraverso e sono dentro la fermata.

Qualche istante e vengo avvicinato da un controllore, un uomo minuscolo vestito con una divisa da scolaretto. È agitato, i ripetuti inchini mi fanno capire che si sta scusando per essere dovuto intervenire.

La mia carta non ha credito sufficiente, mortificato mi spiega che è necessario ricaricarla alla macchinetta (la “PASMO” è una carta prepagata che permette di prendere i mezzi di trasporto in qualunque città giapponese e con la quale si possono comprare prodotti ai distributori automatici, pagare ai negozi e tante altre funzionalità).

Mi dirigo verso la macchinetta per la ricarica, il controllore mi segue in scia recitando come una preghiera il suo ringraziamento e chiedendomi scusa a ripetizione.

È una scena fuori dalle nostre logiche: stavo entrando in metro senza aver pagato, potevo essere benissimo in malafede, ed il controllore mi chiede scusa perché mi ha dovuto fermare per segnalarmi l’infrazione.

Popolo strano il giapponese.

 

Nonostante gli aspetti della cultura nipponica ormai conosciuti in occidente, dai manga al sushi, dai cartoni animati ai grandi marchi nel settore tecnologico e dei motori, il Giappone prima di arrivarci evoca un sentimento d’indecifrabilità, d’impenetrabilità, forse dovuto alla distanza o alla lingua fatta di segni e ideogrammi incomprensibili.

Le prime luci nipponiche si mostrano dal finestrino dell’aereo che in discesa ci porta all’aeroporto di Tokio Narita.

Il desiderio di capirci qualcosa in più mi ha spinto alla scoperta di questa terra.

 

Tokio è un enorme essere vivente. Le stazioni, gli incroci, le aree commerciali e i palazzi, sono i suoi organi. Gli immensi viali e le strette viuzze, sono le sue vene e i filamenti nervosi.

Li vedi prendere vita con il flusso regolato dai semafori, come un cuore pulsante che porta ad intervalli queste arterie riempirsi di milioni di macchine e persone e l’attimo dopo svuotarsi.

Minuto dopo minuto. Un ritmo costante. Giorno e notte.

È come se un organo pompasse linfa vitale ad intermittenza lungo quelle arterie stradali.

Shibuya ne è il simbolo; l’incrocio più trafficato del mondo. Migliaia di persone attraversano le sue strisce pedonali contemporaneamente, mischiandosi senza scontrarsi.

Come un fiume che rompe le dighe al semaforo verde e che si arresta all’istante con il colore rosso.

Un luogo affollato capace di generare panico e disorientamento.

Ogni 24 ore queste strisce pedonali vengono calpestate da 500 mila persone.

È impossibile non rimanere sorpresi dallo spettacolo della folla e dalla sensazione di farne parte.

13 milioni di vite che ogni giorno rendono viva la capitale giapponese.

Uno dei posti migliori per cominciare a capire questo popolo è certamente la metropolitana. Ammesso che intanto si riesca a capire quale fermata prendere tra le migliaia segnate sulle cartine.

In perfetta fila si aspetta l’arrivo del convoglio. Stretti nelle carrozze, i giapponesi conservano un ordine e un silenzio educato ed irreale.

Nessuno mangia, nessuno telefona, nessuno parla a voce alta per non disturbare gli altri passeggeri.

 

Popolo strano il giapponese.

Sulla metro e sui bus, sono in molti a leggere gli immancabili manga, perché in Giappone i cartoni sono una cosa seria.

Esistono stazioni, statue ed interi quartieri dedicati a qualche eroe dei fumetti.

Yotsugi è una fermata trasformata in un campo di calcio per rendere omaggio al quartiere natale del creatore di “Captain Tsubasa” o come lo conosciamo noi occidentali “Holly e Benji”.

Interi centri commerciali sono dedicati alla vendita di gadget legati a serie tv e catoni animati.

In questi edifici più si sale di piano più si fa un viaggio nella mente fantasiosa dei nipponici. All’ultimo piano la fantasia diventa innocente perversione. Gli scaffali e le vetrine espongono materiale video e gadget di quelle che sono le eroine sexy giapponesi, anche protagoniste di cartoni animati.

Quello che sorprende è la fila alla cassa, dove decine di ragazzini e adulti, aspettano il loro turno con in mano dvd e giochi erotici.

Perché in Giappone il mondo fantasy è davvero una cosa molto seria.

Qualche anno fa successe un fatto insolito. I produttori cinematografici avevano rappresentato più volte Godzilla che distrugge la torre di Tokio. Le città minori del Giappone se ne erano lamentate. A Fukuoka arrivarono addirittura al punto di organizzare una petizione popolare per chiedere ai produttori del film di Godzilla di distruggere la loro bella città.

Quando finalmente in un episodio il mostro distrusse non solo il centro cittadino, ma l’intera regione, gli abitanti erano felici di aver avuto tanta importanza.

Popolo strano il giapponese.

 

Il secondo posto migliore per comprendere la cultura del sol levante, sono i ristoranti.

Nelle vetrine vengono esposti copie in plastica dei piatti che si possono gustare all’interno, riprodotti cosi fedelmente che sembra quasi di sentirne l’odore.

Quando un locale ha la fama di essere un buon posto, vi troverete all’ingresso delle code lunghe anche centinaia di metri di gente che aspetta per sedersi e mangiare.

Sedersi ovviamente per terra, su un tatami, senza scarpe.

Il giapponese vero lo riconosci non di fronte ad un piatto di sushi, ma davanti ad un ramen fumante.

Questo piatto, simile agli spaghetti, si aspira rumorosamente per raffreddare con l’aria i tagliolini, serviti in un brodo bollente.

Il segreto per mangiarlo sta lì, ed il vero giapponese lo mangia risucchiandolo con gusto.

Se qualcuno nel locale sta mangiando del ramen, certamente ne sentirai la presenza, tra l’odore di fritto e il fumo del tabacco, perché nei locali è consentito fumare, ma non all’aperto.

Per strada ci sono delle apposite aree recintate dentro le quali si ritrovano i pochi fumatori.

Non mancherà all’uscita dal locale il rituale inchino di saluto, anche dei clienti seduti in altri tavoli.

Una volta in strada se si dovesse avere ancora un languorino e voglia di bere, basta andare a servirsi ad un distributore automatico, in Giappone si trovano praticamente ovunque!

Nei cortili dei templi, in cima ad una collina ed a ogni angolo della strada.

Si stima che in Giappone ci siano più di 5 milioni di distributori automatici, uno ogni 23 persone, macchinette che distribuiscono di tutto: cibo caldo, freddo, aragoste, manga, bevande e persino biancheria intima.

In alternativa si può provare a fare un altro giro in qualche locale con l’insegna luminosa.

Ma attenzione, in Giappone dietro una porta con una scritta incomprensibile, potresti trovarci di tutto.

Dai Cats Cafè, dove si può bere una bevanda accarezzando dei docili gatti, agli “hotel dell’amore”, nei quali si entra semplicemente pagando con una carta, per guastarsi qualche ora di “relax”.

Il gabinetto giapponese meriterebbe un capitolo a parte. Le tavolette sono riscaldate, mentre sul lato della tazza noterete numerosi tasti, non è una navicella spaziale, sono solo i pulsanti per attivare il getto d’acqua (funzione bidet), regolare la temperatura, la direzione del getto e attivare la musica (per coprire eventuali rumori molesti).

Che vi troviate in hotel o in qualunque locale pubblico, troverete tutto il necessario per l’igiene personale: collutorio, spazzolino e dentifricio, sapone, pantofole.

Piccola curiosità: gli specchi dei bagni sono riscaldati, per evitare che si appannino con il vapore acqueo.

 

Popolo strano il giapponese.

Una nazione che in mezzo alla modernità e alla tecnologia riesce a regalare qualcosa di fiabesco. Pagode, templi illuminati da centinaia di lanterne, kimono, risciò.

Kioto seduce subito perché lo fa vestendosi da immagine del Giappone dei sogni, quello fatto di samurai e geisha.

Seduce perché sfugge anche alla proverbiale compostezza dei giapponesi.

Le donne del Nishiki Market strillano da dietro i loro banconi, sembra la trasposizione del palermitano Ballarò, ma con nuovi costumi suoni e colori. La voce stridula non sembra adatta al richiamo dei clienti, ma l’arte resta uguale. Colonna sonora continua fra i banchi dove vengono venduti vestiti e gelati, polipi e passerotti alla griglia, fritture che mai sapremo cosa sono.

Per le strade dell’antica capitale, le donne passeggiano in kimono, coppie di anziani sotto gli ombrellini per ripararsi dal sole e geta ai piedi (i classici sandali giapponesi), indossati rigorosamente con le calze.

Popolo strano il giapponese.

 

Il terzo posto per capire la cultura nipponica sono i templi scintoisti, la gente prega con il battito delle mani e si fa predire il futuro da bigliettini estratti a sorte.

Le origini dello scintoismo si perdono nella notte dei tempi. È una fede che nasce dal timore che gli esseri umani nutrono nei confronti del mondo naturale. In Giappone è pieno di spiriti primordiali, chi pratica lo scintoismo ne sente l’invisibile presenza.

Essere scintoisti vuol dire essere veri giapponesi e viceversa.

Vivere e capire la loro religiosità vi farà vedere oltre la classica foresta di bambù di Arashiyama, vi farà comprendere la folla sotto l’immenso torii galleggiante nella baia di Miyajima, darà un senso al sudore per arrivare in cima al monte Fushimi Inari.

Vi ritroverete spesso fra migliaia di biglietti legati agli alberi, il fumo dell’incenso che si diffonde da bracieri sempre accesi, le preghiere sussurrate tirando la corda di una campana per richiamare all’attenzione lo spirito divino.

Popolo strano il giapponese.

 

Stazione ferroviaria di Hiroshima.

Un esercito schierato ai lati del binario. Quello che sembra essere il capo indossa una divisa blu, dietro di lui tutte in perfetta fila, le donne vestite di rosa e con in mano le loro armi: spruzzino di detersivo e spolverino.

Aspettano che arrivi il nostro treno per Tokio, lo Shinkansen, il treno ad alta velocità, vanto delle ferrovie giapponesi.

All’arrivo del convoglio salutano con un inchino tutti i passeggeri in uscita e partono all’attacco.

In pochi minuti vengono puliti tutti i tavolinetti, spolverati i sedili, cambiati i poggiatesta, una volta che le pulizie sono finite i sedili si girano automaticamente verso il senso di marcia.

Lo Shinkansen è capace di ridurre gli spazi e le distanze, correndo a più di 300 km/h.

L’efficienza e il confort su questi treni sono a livelli strepitosi.

Il ritardo medio annuale dei treni in Giappone nell’intero 2018 è stato di 24 secondi. Vuol dire che migliaia di treni in un anno hanno cumulato un ritardo medio di meno di mezzo minuto. Punto.

E quando questo avviene, i cartelloni luminosi e il personale in stazione, si scusano per il “ritardo”.

Popolo strano il giapponese.

 

Ho avuto la fortuna di essere in Giappone nei giorni in cui iniziava una nuova era con la successione al trono dell’imperatore Naruhito.

Il neo imperatore è stato incoronato nel palazzo reale di Tokyo, dando avvio alla nuova era, che coinciderà con il suo regno.

In Giappone la storia è divisa in ere, intervalli di tempo universalmente riconosciute. Si tratta di un elemento importante della storia e della cultura del paese orientale.

Quella che è iniziata il 1 maggio 2019, si chiama Reiwa, ed è formata dalle parole “ordine” e “armonia”.

 

Un popolo strano, che porta la mascherina sulla bocca per educazione per non diffondere i virus quando si ha il raffreddore.

Gli anziani in pensione vengono inseriti nella società per sentirsi utili, fanno attraversare i bambini sulle strisce, e dirigono il traffico.

I bagni nei locali sono sempre puliti e super accessoriati. E aperti a tutti.

I bambini non giocano con i cellulari.

Non esistono cestini per la raccolta della spazzatura in giro per le strade. I rifiuti si riportano a casa, dove avviene la gestione della pattumiera e del riciclo. E nonostante l’assenza dei cestini non troverete nemmeno una carta a terra per strada. Nemmeno una.

In Giappone se non segui le regole sei escluso.

Popolo strano il giapponese.

Porgono le cose con entrambe le mani per rispetto, si inchinano per salutarti.

 

Dovremmo essere tutti un po’strani come i giapponesi.


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